Quando finisce un’epidemia. di Marco Cattaneo – direttore de LESCIENZE e National Geographic Italia. Dato che non mi fido, meglio che ve lo dica subito. E vi chiedo, dato che mi seguono parecchie persone, di cominciare a condividerlo e a ripeterlo da adesso ai vostri contatti, reali e virtuali.
Ma veniamo al punto.
Già oggi vedrete qualche curva che si discosta lievemente dall’andamento esponenziale che l’epidemia in Italia (e soprattutto in Lombardia, per i numeri) ha avuto fino a un paio di giorni fa.
Potrebbe (POTREBBE) essere un buon segno.
E potrebbe (POTREBBE) ottimisticamente accadere che tra una decina di giorni o giù di lì il numero dei contagi diminuisca di molto, se TUTTI facciamo la nostra parte.
Ecco, ve lo dico dal cuore: non c’è un bel niente da festeggiare, né oggi né tra dieci o quindici giorni.
E soprattutto non c’è da scaraventarsi fuori di casa gridando “Campioni del mondooo! Poropoporopoporo!” e abbracciando sconosciuti sudati in canottiera.
Se non mi credete, andate a vedere i criteri con cui l’Organizzazione mondiale della Sanità dichiara conclusa un’emergenza epidemica. Vediamo quella di Ebola, per esempio. L’emergenza finisce dopo DUE PERIODI DI INCUBAZIONE COMPLETI in cui non si registrano nuovi contagi. Sono 42 giorni per Ebola. Potrebbero essere 30 per SARS-CoV-2. Dopo di che, è richiesto a ogni paese di mantenere un’elevata sorveglianza per 90 giorni.
Non so se mi sono spiegato, ma spero che sia chiaro. Quando vedremo la luce in fondo al tunnel mancheranno ancora diversi chilometri per essere fuori. Perciò, travolti dall’euforia, non baciate i vicini che detestavate fino a un mese prima. Continuate a farvi i cavoli vostri. Rimanete a casa il più possibile ANCHE DOPO. Finché davvero gli epidemiologi non ci diranno che possiamo tornare alla normalità. Che arriverà piano piano, riapriranno le attività, torneremo a sussurrarci pettegolezzi all’orecchio, con prudenza, torneremo in ufficio anziché lavorare dal divano (premuratevi di rendervi riconoscibili, nel frattempo, almeno dai vostri familiari), a cenare al ristorante, magari.
Ma prima di cantare vittoria dovremo rimanere in allerta per un po’.
Mettiamola così. Se tutto va bene, ma proprio bene, facciamo una festa a Ferragosto (ma proprio se ci dice culo eh, a essere molto ottimisti, ma meglio pochi e selezionati e senza gli amici stranieri).
Ditelo ai vostri amici, ai vostri parenti, ai semplici conoscenti. Proviamo a non fare i coglioni, perché resistere a una seconda botta sarebbe molto, molto più dura.
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