La febbre del Nilo Occidentale (o febbre West Nile) è una malattia infettiva virale causata dal virus West Nile, trasmesso dalle punture di zanzara. La prima vittima italiana del 2024 è stata, lo scorso luglio, una signora veneta di 80 anni. Nel 2023 i decessi legati alla Febbre del Nilo – o febbre West Nile – nel nostro Paese erano stati 27. L’anno prima 37. Il rischio di contrarre malattie causate dalle punture delle zanzare, come malaria, Dengue, Chikungunya, Zika Virus e, appunto, la febbre West Nile, è in aumento. In Italia così come in Europa.
Gli esperti temono che il cambiamento climatico possa aumentare la diffusione di questa malattia in luoghi meno comuni, o portarla in nuovi luoghi. Più le temperature aumentano, meglio le zanzare si riproducono, più rapida diventa la propagazione del virus. Non c’è da allarmarsi: nella maggior parte dei casi il West Nile Virus ha sintomi leggeri e non richiede trattamenti particolari. Tuttavia, in circa 1 caso su 150, può portare a gravi infezioni del sistema nervoso centrale (cervello e midollo spinale) e delle membrane che lo rivestono (meningi).
La febbre West Nile (o Febbre del Nilo Occidentale) è una malattia infettiva provocata dal West Nile Virus (Wnv), un virus della famiglia dei Flaviviridae – la stessa della Dengue e della febbre gialla. Il virus non si trasmette da uomo ad uomo ma tramite la puntura di zanzare infette della specie Culex pipiens, ovvero la comune zanzara notturna.
Altri modi in cui il virus può diffondersi tra esseri umani sono:
- Trasfusioni di sangue
- Trapianti di organi provenienti da donatori infetti
- Dalla madre al figlio durante la gravidanza e l’allattamento.
L’infezione da virus WNV è asintomatica in circa l’80% delle persone infette. Circa il 20% dei contagiati presentano disturbi simil-influenzali lievi, come febbre, mal di testa, stanchezza, dolori muscolari, nausea e vomito. Occasionalmente si possono verificare un’eruzione cutanea e ingrossamento delle ghiandole linfatiche. La febbre del Nilo viene diagnosticata ricercando gli anticorpi specifici, quali le Immunoglobuline M (IgM) e IgG, nel sangue dei soggetti con sospetta infezione attraverso specifici test sierologici.
In meno dell’1% delle persone infette – 1 persona su 150 – il virus può causare una malattia grave (chiamata anche malattia neuroinvasiva, come l’encefalite o la meningite o la poliomielite). I sintomi delle forme più severe comprendono:
- mal di testa
- febbre alta
- rigidità del collo
- disorientamento
- tremori
- convulsioni
- debolezza muscolare e paralisi
- coma
La malattia grave può verificarsi in persone di qualsiasi età, tuttavia il rischio è più elevato per gli over 50 anni, gli immunodepressi (ad esempio, i pazienti che sono stati sottoposti a trapianto), e persone che soffrono di cancro, diabete, ipertensione, malattie renali.
Nei casi più gravi con coinvolgimento del sistema nervoso centrale (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale (come accaduto di recente alla paziente di Pordenone). Non esiste un vaccino per la febbre del Nilo occidentale. L’unica difesa che possiamo mettere in atto per ora è la prevenzione. (ircss)
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