Potrebbero infettarsi i 2/3 della polpolazione della Terra

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A Ginevra si sono radunati, chiamati dall’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) a condividere le conoscenze sul Coronavirus, i maggiori scienziati del pianeta o i più grandi jettatori dell’universo? Il problema è che stavolta le due categorie coincidono. Di solito i maghi che annunciano l’apocalisse sono puntualmente smentiti da pacate considerazioni di Piero Angela confortato dal parere di qualche Nobel. Stavolta tace perché è proprio la ragionevolezza dei medici e dei ricercatori ad essere pessimista. Avrà pure uno scopo pedagogico, ma se anche fosse una esagerazione sarebbe salutare: con l’arma dello spavento vuole indurre governi ed opinione pubblica a smetterla di adorare pigramente la natura. Essa non va lasciata libera di farci del male. Come dice la Bibbia va dominata. Con rispetto, ma non possiamo lasciare che ci sottometta ieri con la peste oggi con il coronavirus ribattezzato Covid-19. I due eminenti scienziati che mettono in gioco la loro faccia sono Ira Longini, biostatista ed epidemiologa americana, la quale afferma, sviluppando i dati del governo cinesi per giunta probabilmente minimalisti, che il Covid-19 contagerà due terzi dell’umanità. Cioè il 66 per cento di 7,7 miliardi di persone, e stante il tasso di letalità per fortuna basso, intorno per ora all’1,5 per cento, e tenendo conto che le cure miglioreranno, alla fine conteremmo 45-50 milioni di morti sparsi per tutti i continenti. Questo profetizza con gli algoritmi Ira (d’Iddio) Longini.

SOTTRARSI AL FATALISMO
Il secondo a diffondersi in numeri è un luminare di Hong Kong, Gabriel Leung, che è il capo dipartimento di medicina della locale università. Ha abbassato la previsione della ricercatrice dell’Ohio di appena un pelo: i contagiati saranno il 60 per cento dell’umanità. Riferendo questo dato all’Italia vuol dire che, se non saremo più bravi degli altri a isolare i possibili involontari propagatori, saranno tra i 36 e i 40 milioni i connazionali infettati. E i morti? La statistica ne prevede circa 400-450 mila, un’ecatombe pari per numeri ai nostri morti caduti durante la seconda guerra mondiale (330mila soldati e 130mila civili). La statistica, lo sappiamo da Trilussa, dà a ciascuno la stessa fetta di torta, in questo caso di virus, ma poi esiste la possibilità di sottrarsi al fatalismo. E di lottare contro gli algoritmi.

Occorre essere drastici. Non cadere negli errori già illustrati da Alessandro Manzoni nel racconto della peste milanese (e mondiale) del 1630. Nei Promessi Sposi mise in ridicolo l’atteggiamento dei filosofi alla Don Ferrante, il quale, convinto che la peste non esistesse, giustamente ne morì; trattò male gli astrologi; non salvò neppure il suo amato cardinal Federigo Borromeo che aveva sciaguratamente accettato di guidare una processione di popolo che propagò il contagio.

Manzoni, illuminista cristiano, raccontò come lo scatenamento del virus fosse determinato dall’invasione dei Lanzichenecchi con la complicità della pessima igiene. Si lagnò che non fossero ascoltati i grandi medici come Ludovico Settala, che invano raccomandavano quel che oggi invoca da noi l’infettivologo Roberto Burioni, il quale invita alla massima severità e diffida delle informazioni di Pechino: «Ci prendono in giro».. Avevano ben ragione i governatori del Nord di centrodestra a chiedere di tenere lontani dalle scuole, per il tempo di una congrua quarantena, gli alunni che ritornassero dalla Cina. Furono trattati da razzisti. Ma credo non sia razzismo odiare il Signor Coronavirus e fare di tutto per tenerlo lontano dalla comunità. O qualcuno pensa che vada accolto come un fratello e integrato? (Libero)

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